Onorevoli Colleghi! - La preoccupante situazione delle duecentociquantasette carceri italiane coinvolge oltre cinquantasettemila detenuti (che attendono un processo o scontano una condanna) affidati a operatori del settore, esperti della giustizia, istituzioni, enti e organizzazioni di volontariato che si impegnano per dare un senso all'esistenza all'interno degli istituti penitenziari.
      La legislazione penitenziaria degli ultimi trent'anni, particolarmente attenta al senso di umanità cui deve ispirarsi la custodia delle persone ristrette, indica gli strumenti per la rieducazione e la risocializzazione delle persone definitivamente condannate.
      Le coeve vicende ed emergenze della vita nazionale hanno inevitabilmente mutato l'originaria fisionomia della legge sull'ordinamento penitenziario (legge 26 luglio 1975, n. 354) adattandone il testo alle diverse e talvolta contrastanti necessità. Emblematici al riguardo la cosiddetta legge «Gozzini» (legge 10 ottobre 1986, n. 663), i cui istituti sono in linea con i princìpi ispiratori della riforma penitenziaria, e per converso quei provvedimenti che appaiono a prima vista contraddittori con la stessa filosofia della legge del 1975, dettati dalla esigenza di contrastare la criminalità organizzata ed il terrorismo.
      Nel frattempo, i ripetuti interventi della Corte costituzionale su questioni carcerarie, l'entrata in vigore di normative e direttive europee, le risoluzioni delle Nazioni Unite e l'istituzione del Corpo di polizia penitenziaria, il cui personale rappresenta la principale risorsa quantitativa nei luoghi di detenzione, hanno contribuito all'emanazione del regolamento sull'ordinamento penitenziario, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000.

 

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      Operatori ed utenti sono i principali destinatari di questo importante testo normativo, attuato in modo parziale a causa di difficoltà di natura organizzativa e strutturale che compromettono il regolare funzionamento dell'intero sistema penitenziario, oggi vicino al tracollo.
      Le precarie condizioni igienico-sanitarie dei luoghi di detenzione mettono a repentaglio la salute di chi vi lavora o vive; la fatiscenza degli ambienti, soprattutto nelle carceri metropolitane, e la promiscuità tra i reclusi, dovuta alla mancata realizzazione dei circuiti detentivi differenziati, rendono il nostro sistema detentivo controproducente ed incapace di vincere le prepotenze, i ricatti e gli abusi che alcuni reclusi perpetrano nei confronti dei loro compagni più deboli.
      Si prospetta, quindi, la indifferibile necessità di elevare la funzionalità del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, dotandolo di strumenti organizzativi che lo rendano efficiente e in grado di garantire una razionale distribuzione delle risorse di cui dispone.
      Il perseguimento di tale obiettivo non può prescindere da una più adeguata organizzazione del Corpo di polizia penitenziaria, all'interno del quale è opportuno inserire in modo armonico ed efficace il personale appartenente al ruolo direttivo, ordinario e speciale, di cui al decreto legislativo n. 146 del 2000.
      Per quel che riguarda la funzione istituzionale del Corpo di polizia penitenziaria, i cui uomini rappresentano la principale risorsa del settore, esso attende a specifici compiti rispetto alle altre Forze di polizia che svolgono nei relativi settori d'intervento - urbano, finanziario ed ambientale - attività di prevenzione e repressione dei reati.
      La peculiarità della polizia penitenziaria è dovuta principalmente al contatto diretto con i reclusi che non si esaurisce in una mera attività di custodia, ma dovrebbe tradursi in una concreta partecipazione alle attività di trattamento e rieducazione dei condannati.
      Si tratta quindi di un compito delicato che si raccorda a quello di altre qualificate professionalità che con il loro impegno cercano di redimere chi delinque, per salvaguardare la sicurezza dei cittadini.
      Occorre perciò garantire una piena funzionalità del Corpo di polizia penitenziaria, le cui attività vanno svincolate da farraginosi passaggi burocratici.
      I servizi della polizia penitenziaria, l'approvvigionamento di beni e di supporti logistici, l'organizzazione delle attività formative, il reclutamento, la gestione amministrativo-contabile, la distribuzione delle risorse e tutte le attività inerenti al Corpo andrebbero ricondotti ad un'unica entità gestionale.
      La presente proposta di legge intende istituire, secondo le modalità che nel dettaglio si andranno ad esplicitare, una Direzione generale del Corpo di polizia penitenziaria a livello centrale e una serie di articolazioni periferiche in ambito regionale, in modo da garantire l'economia, l'efficienza e la speditezza dei servizi di custodia, adeguandoli alle effettive esigenze di sicurezza.
      L'approvazione della presente proposta di legge non implica alcun onere aggiuntivo rispetto agli attuali stanziamenti di bilancio destinati alla polizia penitenziaria, allo stato, ripartiti tra vari uffici ministeriali, agevolmente riconducibili ad un'unica entità.
      Per quel che riguarda i singoli articoli se ne illustra di seguito il relativo contenuto.
      L'articolo 1 prevede l'istituzione della Direzione generale del Corpo di polizia penitenziaria, in seno al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria per raggruppare, secondo criteri di omogeneità, tutte le attività ed i servizi demandati alla principale risorsa operativa del sistema penitenziario, evitando passaggi di competenze tra i vari uffici dipartimentali.
      Un siffatto assetto organizzativo è del resto in sintonia con la ratio della riforma del Corpo all'interno del quale il decreto legislativo n. 146 del 2000 ha previsto l'istituzione dei ruoli direttivi e dirigenziali. Rispetto a tale innovazione è necessario contemplare l'armonico inserimento dei commissari nell'ordinamento della polizia
 

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penitenziaria, per fornire una precisa identità a tutti gli operatori interessati ed evitare meri adattamenti alla normativa del 1990.
      L'articolo 2 stabilisce le modalità di reclutamento del dirigente generale da preporre alla Direzione generale del Corpo, senza determinare variazioni rispetto a quelle già previste per gli uffici dipartimentali equiordinati (comma 1). In via transitoria è stato previsto che alla predetta Direzione possa essere preposto un dirigente generale dell'Amministrazione penitenziaria (comma 2) poiché la disponibilità dei dirigenti del Corpo è subordinata alla progressione in carriera del personale direttivo che, ai sensi del decreto legislativo n. 146 del 2000, dovrà essere assunto.
      L'articolo 3 fissa le competenze della Direzione generale del Corpo di polizia penitenziaria che sono state individuate con il precipuo scopo, da un punto di vista efficientistico, di rendere compatibile il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, ancorato per alcuni versi alla struttura della dismessa Direzione generale degli istituti di prevenzione e pena, con le trasformazioni nel frattempo avvenute all'interno del corpus normativo di diritto amministrativo e, soprattutto, del sistema penitenziario.
      Per quanto riguarda il ricorso alla delega legislativa, si ritiene che questa sia imposta dalla complessità della materia e dalle peculiari cognizioni tecniche che contraddistinguono il settore.
      I princìpi ed i criteri direttivi cui il Governo dovrà attenersi nel predisporre i decreti legislativi consentiranno, attraverso la precisa individuazione dei compiti della indicata Direzione generale del Corpo, di valorizzare e rendere efficienti le attività che costituiscono il dato qualificante dei servizi istituzionali, riferiti anche all'esecuzione della pena all'esterno degli istituti penitenziari.
      L'articolo 4 indica i ruoli del personale e i doveri di subordinazione, per adeguare l'intero assetto gerarchico alle sopravvenute disposizioni normative - in particolare del decreto legislativo n. 146 del 2000 - ed evitare duplicazioni funzionali nell'organizzazione dei servizi all'interno di ciascun contesto operativo.
      L'articolo 5 vuole evitare che le risorse umane del Corpo vengano destinate a compiti che esulano dai servizi istituzionali.
      Infine, per quanto riguarda la copertura finanziaria si ritiene che, non occorrano ulteriori stanziamenti di bilancio rispetto a quelli già previsti per il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria.
 

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